Come stress e agricoltura hanno inciso sul corpo dal Mesolitico al Medioevo

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 13 febbraio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

È una nozione ben consolidata che le condizioni ambientali e gli effetti che queste producono sugli stati fisiologici nelle fasi precoci della vita abbiano un ruolo importante nel determinare le dimensioni del corpo nell’età adulta. La biologia dello sviluppo in proposito ha ricevuto importanti lezioni dall’esperienza del nanismo da deprivazione affettiva e, soprattutto, dall’ipoevolutismo da deficit nutrizionale. In particolare, è stato verificato numerosissime volte che la malnutrizione infantile e gli stati patologici, se gravi e protratti nel tempo, possono causare ritardo nella crescita, condizionando le dimensioni corporee definitive della vita adulta[1].

Studi di antropologia biologica e di paleoantropologia hanno spesso documentato, in resti appartenuti a gruppi di cacciatori-raccoglitori nelle fasi iniziali dell’epoca in cui si affermarono allevamento ed agricoltura, disturbi della crescita scheletrica e piccole dimensioni corporee dell’adulto, anche se tale riscontro presenta notevoli variazioni regionali.

Nell’Europa Centrale di Sud-Est non è chiaro in qual modo lo stress precoce della vita, la storia della crescita e le dimensioni del corpo adulto furono influenzate dall’introduzione dell’agricoltura, assicurando variazioni demografiche, sociali e comportamentali di lunga durata.

Tale influenza è stata valutata da Macintosh, Pinhasi e Stock in uno straordinario studio che ha preso in esame un periodo esteso dall’ottavo millennio all’Alto Medioevo, documentando aspetti di notevole interesse (Macintosh A. A., et al., Early Life conditions and Physiological Stress following the Transition to Farming in Central/Southeast Europe: Skeletal Growth Impairment and 6000 Years of Gradual Recovery. PLoS One  11 (2):e0148468 Feb 4, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Earth Institute and School of Archaeology Newman Building, University College Dublin, Dublin (Irlanda); PAVE Research Group, Division of Biological Anthropology, Department of Archaeology & Anthropology, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito).

Lo studio delle dimensioni corporee dei nostri progenitori ancestrali non è certo nuovo, e Formicola, con Franceschi (1996) e poi con Giannecchini (1999) del Dipartimento di Etologia, Ecologia ed Evoluzione dell’Università di Pisa[2], ha fornito in passato dati di sicuro rilievo. La lunghezza delle ossa lunghe di tutti i resti disponibili di Europei dal Paleolitico Superiore al Mesolitico è stata trasformata in stime di statura mediante le nuove equazioni di regressione derivate da campioni scheletrici dell’Olocene usando Fully’s anatomical stature e la tecnica di regressione dell’asse maggiore. L’analisi statistica dei dati con riferimento sia a parametri di tempo che di spazio indicava che i resti dell’epoca di inizio del Paleolitico Superiore erano appartenuti a uomini molto alti, e che già nel tardo Paleolitico Superiore l’altezza nell’Europa Occidentale si era notevolmente ridotta. La ragione di questa altezza era stata in massima parte attribuita ad elevati standard nutrizionali, principalmente costituiti da un considerevole apporto di proteine della carne, mentre la riduzione della statura ad un netto decremento dell’assunzione di proteine con la dieta.

Lo studio di Macintosh, Pinhasi e Stock è esemplare sia della quantità e qualità di informazioni che si possono ottenere dall’esame di ossa appartenute a nostri simili di millenni fa, sia di effetti tanto marcati e protratti dello stress sul corpo. In particolare, sono stati esaminati i resti di 407 persone, uomini e donne scheletricamente maturi, appartenenti a popolazioni di uno spettro temporale esteso dal Tardo Mesolitico fino all’Alto Medio Evo, ossia all’incirca dal 7100 a.C. all’850 d.C.

L’analisi dei dati è stata realizzata ponendo a confronto gli agricoltori del Neolitico con cacciatori-raccoglitori e pescatori del Tardo Mesolitico e comparando misure quali la statura media, la massa corporea e l’indice crurale.

Su questa base si è rilevata una riduzione dell’altezza, delle dimensioni corporee e dell’indice crurale negli agricoltori dell’epoca neolitica, e particolarmente nelle donne di quelle popolazioni. La stima quantitativa indica con certezza la presenza di un disturbo della crescita intervenuto in queste popolazioni che sperimentavano un cambiamento di vita così radicale del quale, verosimilmente, avevano fatto le spese le donne in maggior misura. L’indicazione di questo disturbo della crescita, con particolare evidenza nel sesso femminile nella transizione neolitica all’allevamento e all’agricoltura, è supportata da esistenti evidenze di alto grado di stress evolutivo, intensa attività fisica e accesso variabile alle proteine animali, in queste popolazioni fra le prime a sperimentare le condizioni di vita stanziale ma di grande e condizionante impegno quotidiano.

Fra le popolazioni di agricoltori delle epoche successive sono stati rilevati transitori incrementi dei valori di statura media, massa corporea ed indice crurale di entità più marcata nelle donne dell’Europa Centrale. L’andamento di queste variazioni nel senso dell’aumento dimensionale, che configurava un lentissimo recupero nel corso di 6000 anni, era tale da determinare un declino nella magnitudine del dimorfismo sessuale nel tempo.

Secondo le ricostruzioni paleoantropologiche classiche, fra i cacciatori-raccoglitori gli uomini tendevano a cacciare in gruppo anche allontanandosi molto dal luogo in cui le donne rimanevano ad accudire la prole e a provvedere alle necessità quotidiane della famiglia. Secondo questo modello di divisione dei compiti, è ragionevole supporre che il peso delle attività legate al nuovo regime di vita, quali il foraggiare gli animali tenuti in cattività, arare, seminare, raccogliere e curare tutto ciò che era coltivato, cadesse prevalentemente sulle donne.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-13 febbraio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Un caso diverso, ma di comune riscontro clinico, è quello delle forme di nanismo ipofisario trattato durante l’infanzia. Lionel Messi, il giocatore di calcio in attività più noto al mondo, pur essendo stato trattato a lungo in età evolutiva con dosi di ormone della crescita (GH) che gli hanno garantito uno sviluppo muscoloscheletrico massiccio e potente, non ha potuto raggiungere la statura fisiologica; un’evidenza che gli è valsa il celeberrimo soprannome “La Pulce”.

[2] Formicola V., et al. J Hum Evol. 36 (3): 319-333, 1999.